lunedì 31 gennaio 2011

Espressione della libertà di manifestazione del pensiero: le origini dei partiti politici

“I partiti ci debbono essere, e se non ci fossero bisognerebbe crearli”. La citazione è di Francesco Crispi, grande protagonista della storia italiana che ha visto nascere sotto i suoi baffi l’Italia per le mani di Garibaldi e Vittorio Emanuele II.
La frase è molto significativa, densa di spunti che divergono in un’unica matrice che va ad identificarsi nell’importanza che i partiti ricoprono nella società. Essi non hanno un origine ben definita poiché sono la diretta conseguenza di numerosi fattori storici che hanno reso necessaria la nascita di associazioni, operarie o politiche, che raggruppano persone con l’intento di mettere le proprie forze al servizio dell’interesse nazionale, in base ad un principio condiviso da tutti i quali vi aderiscono. Dal punto di vista storico, si ha una forma primordiale di partito sin dalla Glorious Revolution inglese (Whigs and Tories) dove però questi non avevano l’accezione attuale, che tuttavia si delinea con la lotta proletaria (dovuta allo sviluppo industriale) dalla quale nascono i partiti di massa. Queste sono associazioni, composte da un grande numero di persone, che avevano il compito di far sentire la voce della gente alle istituzioni: grande risalto ebbero i movimenti socialisti e comunisti. Sin da queste prime forme di organizzazioni si denota una caratteristica comune a tutti i partiti: il riconoscimento di valori e diritti attraverso la lotta di classe. Questa genera contrasti che sono alla radice di molte agitazioni operaie della fine del XIX secolo e che hanno come obiettivo quello di ottenere una propria rappresentanza politica e sostituire le vecchie classi dirigenti. Tuttavia, il vero fine di un partito è la partecipazione alla vita politica in modo attivo, risultato raggiunto non in modo omogeneo da molti Paesi prima del ‘900. Infatti, è un dato assunto che la crescita del tasso di alfabetizzazione e del conseguente ampliamento del diritto di voto sia stato una sorta di spartiacque tra due fasi politiche segnate entrambe dalla presenza dei partiti, ma che in un primo momento rispondevano alle esigenze di pochi potenziali elettori e che ora devono anche lavorare in termini di consenso, quindi coinvolgendo le masse popolari e guadagnandosi la fiducia dei nuovi elettori e cercare di mobilitarli. E’ da qui che i partiti cominciano graduali mutamenti dovuti alla necessità di adattamento al flusso della vita politica e sociale di un Paese. Il partito assume una connotazione più complessa: divenne quindi punto di raccordo tra società e Stato, centro di riflessione e formazione culturale. Ha un ruolo fondamentale dato che, grazie alla sua organizzazione, riesce ad essere più determinante del singolo e per questo può essere considerata come uno strumento democratico per combattere i forti.
I partiti, riprendendo la frase di Crispi, sono necessari e fanno in modo che ognuno di noi possa avvalersi della legittima libertà di manifestazione del pensiero, valore di qualunque associazione partitica in qualunque Stato democratico.

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